Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque suo elemento acconsenti all'uso dei cookie.
Notizie

Non diamo per finita la Spagna ha influito anche il Covid

Notizie || 16/06/2021

In ogni prima giornata di una grande competizione solitamente c'è una sorpresa con una grande Nazionale che stecca, delude, perde o pareggia, come è avvenuto l'altroieri alla Spagna contro la Svezia. Certo c'è anche chi ha perso, come la Germania ieri, ma incontrando la Francia, favorita del torneo. Un lungo possesso palla, nello stile che ha contraddistinto la Spagna negli ultimi 10 anni. Ma stavolta troppo sterile e senza il necessario movimento. Potevano segnare, certo, ma non ci sono riusciti, dando come altre volte in passato la sensazione del «tanto rumore per nulla». Luis Enrique, che certamente è bravo, fa però sicuramente parte di quei tecnici che hanno una grande considerazione da parte dei media. E' un tecnico che esige tanto, forse troppo viste alcune prestazioni e ogni tanto capita che qualcuno dei suoi non capisca tutte le sue indicazioni e, come in questa occasione, non lo segue. Da qui però a sostenere come ho sentito, che la Spagna è a fine ciclo o che una certa filosofia calcistica sia da chiudere in un cassetto, ce ne passa. La realtà è che una generazione di giocatori spagnoli che ha fatto negli anni d'oro la fortuna di Barcellona e Real e della Nazionale non c'è più. E si sa le idee, anche quelle calcistiche, camminano sulle gambe degli uomini. La straordinaria nidiata di campioni cresciuti nelle cantere dei due club più prestigiosi, tra difensori centrali e centrocampisti dalla tecnica sopraffina, non giocano più o risentono delle mille battaglie già sostenute. Per quanto il livello complessivo resti alto, non è più eccelso come prima, quando la Spagna ha vinto tutto. Ma non me la sento di dire che la scuola spagnola sia diventata fuori moda, vecchia, non più adatta ai tempi. Sempre ricordandoci quello che spesso è accaduto in precedenti Mondiali ed Europei, chi magari parte male, poi finisce in gloria. La Spagna ha le possibilità di rifarsi, anche se le avversarie per la vittoria finale sono attrezzate e credibili. Più dei limiti della Nazionale in campo evidenziati in una prestazione non convincente e priva di gol, io credo che molto in questa preparazione spagnola all'Europeo abbiano influenzato i problemi di Covid avuti in ritiro e tutto il corollario che si sono portati dietro: la paura dei giocatori; la necessità di aumentare molto il numero dei convocati prima delle scelte finali con le difficoltà ad allenare un gruppo ampio senza poter fare per tempo le scelte definitive; il senso di precarietà, rischio e impotenza che il Covid crea. Preparare in queste condizioni una partita è complicato e a questi livelli si paga. A proposito della pandemia, ieri per la prima volta in Ungheria- Portogallo abbiamo ritrovato finalmente uno stadio completamente pieno. Alla Puskas Arena 60 mila persone, senza l'obbligo di mascherina, hanno fatto capire quanto differente sia questo sport con o senza la presenza dei tifosi, che restano per me il cuore pulsante del calcio. L'entusiasmo, il tifo, i cori, i fischi, l'adreanalina, la tensione, la concentrazione dei giocatori, che in certe situazioni si esaltano o si abbattano, sono un aspetto imprescindibile di una partita.

Zdenek Zeman

(Gazzetta dello Sport - 16 giugno 2021)